La conoscenza di sé è la chiave della felicità. Quanto conosci te stesso? Gli antichi sapevano bene quanto fosse importante sapere chi siamo per poter attingere a tutte le nostre risorse, a tutte le nostre capacità, a tutta la nostra saggezza. Platone nel Mito della Biga Alata lo racconta molto bene: nel mondo delle idee, che lui chiama Iperuranio, l’anima è rappresentata da una biga trainata da due cavalli, uno bianco (che tende a rimanere nell’iperuranio) e ruota in maniera circolare attorno alle idee e uno nero, che spinge costantemente la biga verso il mondo sensibile, per fare l’esperienza dell’incarnazione. La biga è governata da un auriga che ha il compito di bilanciare e mantenere l’equilibrio tra i due cavalli. Più l’anima rimane in contatto con l’Iperuranio, più avrà visto, respirato e si sarà nutrita di una maggior quantità di idee e avrà avuto accesso a una maggior conoscenza. Nel momento dell’incarnazione l’anima dimentica questa sua vita passata e dimentica tutto ciò che ha visto nel mondo delle idee, ma tali ricordi non sono cancellati del tutto. Il compito dell’uomo, nella vita empirica è quello di ricordare ciò che era prima di nascere, ciò che ha visto e conosciuto nel mondo delle idee e che fa ancora parte di lui, nonostante gli sembri di non ricordare. Questo è ciò che ci consente di conoscere noi stessi. E possiamo farlo solo attraverso l’esperienza, passando attraverso tutte le situazioni che la vita ci pone davanti. E ce le pone affinché ricordiamo chi siamo. Allo stesso tempo, l’esperienza da sé non basta, c’è bisogno anche della conoscenza, di sapere qual è, per oguno di noi, il senso di ciò che accade. Il senso è un aspetto assolutamente personale, che ognuno di noi ha necessità di trovare nel tipo di esperienza che è portato a vivere, per ricordare ciò che ha bisogno di apprendere e di imparare in questa vita. Questi due aspetti ( esperienza e conoscenza) sono fondamentali e complementari: senza il cavallo nero l’uomo non potrebbe nascere, così come, senza il cavallo bianco, l’uomo non sarebbe in grado di elevarsi nuovamente e tornare in contatto con il mondo delle idee e quindi con la conoscenza. Il veicolo che ci consente di fare esperienza è il corpo.
Attraverso di lui siamo contemporaneamente in contatto con ogni parte di noi, con la nostra mente, con la nostra anima. Il corpo ci dice tutto ciò che è utile che sappiamo, ecco perché è importante cominciare da lì. Oggi siamo sempre più allontanati dall’ascolto del corpo, così come da quello delle nostre emozioni e dei nostri pensieri. Siamo allontanati da tutto ciò che rappresenta il nostro ascolto interiore, che è l’unico luogo che contiene tutte le risposte, che sono giuste per noi, adatte a noi e coerenti con ciò che è la nostra essenza. Siamo iper sollecitai (ma non come nell’Iperuranio) dall’esterno che ci allontana e ci distrae e ci fornisce risposte preconfezionate che spesse volte accogliamo e condividiamo, senza veramente aver compreso quale sia il loro reale messaggio. Risintonizziamoci con il nostro corpo, questa è la prima cosa da fare: stiamo presenti in ciò che accade, che significa ascoltare il battito del nostro cuore, ascoltare il ritmo del nostro respiro ( il nostro ritmo, il nostro tempo è la cosa più sacra che abbiamo), ascoltare cosa accade nella nostra pancia quando incontriamo qualcuno o quando entriamo in qualche luogo che non ci fa sentire a nostro agio, percepire il contatto delle nostre mani sul volante o quando tocchiamo un animale, o sentire quando e come siamo felici. Facciamoci caso quando siamo felici! Siamo talmente abituati a guardare solo ciò che non va, che quando siamo felici, automaticamente, abbiamo paura che succeda qualcosa di brutto ed è così che cominciamo ad aver paura di essere felici. Questo è un grande condizionamento e ci allontana ancora di più da ciò che siamo e da tutte quelle che sono le nostre risorse e i nostri doni. L’ascolto è il punto di partenza di tutto. Prima il corpo, poi le nostre emozioni e poi i nostri pensieri, che sono quelli che generano le nostre emozioni. Se facciamo bei pensieri, se ci concentriamo sulla soluzione del problema e sul problema stesso, saremo felici, perché attiveremo dentro di noi tutta una serie di connessioni e attività, che ci consentiranno di riuscire e realizzare: avremo ricordato ciò che abbiamo vissuto nell’Iperuranio, avremo attinto a questa fonte infinita e preziosa. All’inizio non sarà semplice, non scoraggiamoci, concediamoci dapprima pochi minuti, prendiamoci il tempo, durante la giornata, di
ascoltare come sta il nostro corpo, parte per parte, per poi passare al nostro stato d’animo. Potremmo anche rimanere sorpresi di scoprire che in realtà stiamo meglio di ciò che crediamo, perché quando viviamo la dimensione del pathos, (per i greci, la sofferenza, il dolore,) il tempo trascorso sembra sempre maggiore di quello che è in realtà. Proviamo a segnare sul calendario e a fare un confronto tra le giornate ok e quelle ko, sarà un buono spunto di riflessione e aiuterà nell’ascolto di sé, perché fuori di noi non c’è nulla, ci sono solo strumenti e mezzi che ci aiutano a fare l’esperienza che ci occorre per evolvere, per ricontattare tutto ciò che abbiamo appreso nell’Iperuranio e portarlo nella nostra esperienza quotidiana. Così, una volta che avremo conosciuto noi stessi e divenuti “saggi”, avremo due scelte: tornare nel mondo dell’Iperuranio, oppure scegliere di rimanere per aiutare altre anime ad evolvere e risvegliarsi.

 

Dott.ssa Chiara Belloni Coach

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